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Cinesi e sindacato, anche a Modena pochi rapporti. Cisl: «Problema culturale, dobbiamo conquistare fiducia»

(Modena, 29 luglio 2019) Rappresentano la quarta comunità straniera in provincia di Modena (quinta in Emilia-Romagna) e la prima nella classifica delle imprese individuali gestite da stranieri.
Parliamo dei cinesi, che al 1° gennaio 2019 erano 6.169, cioè il 6,6% del totale degli stranieri residenti a Modena e provincia. Alla stessa data in regione erano quasi 30 mila, equamente divisi tra donne e uomini. Modena, Bologna e Reggio Emilia sono nell’ordine le tre province nelle quali si sono insediate le cosiddette “Chinatown” più numerose: abita qui il 60% dei cinesi residenti in regione. Eppure sono quasi del tutto sconosciuti al sindacato.

«Sui cinesi bisogna smentire alcuni luoghi comuni – dichiara il segretario generale della Cisl Emilia Centrale William Ballotta – Sono sempre stati dipinti come una comunità quasi invisibile, molto legata al Paese d’origine e alle sue tradizioni. In realtà è una comunità molto giovane (gli over 70 sono poche decine) e ci risulta stia crescendo il numero di ragazzi cinesi che ottengono la cittadinanza italiana. Quindi la scuola è il luogo ideale per favorire l’integrazione».

In questo quadro demografico balza in primo piano l’economia, che vede Modena giocare un ruolo primario. La stragrande maggioranza dei permessi di soggiorno concessi a cinesi è motivata con esigenze di lavoro autonomo. I numeri delle imprese individuali (le cosiddette microimprese) sono la miglior cartina di tornasole. Secondo gli ultimi dati della Camera di commercio di Modena, sono quasi 1.200 le imprese individuali cinesi (il 3,3% del totale delle imprese individuali modenesi). A Modena è cinese la metà di tutte le ditte individuali operanti nel tessile-abbigliamento-confezioni, concentrate principalmente tra Carpi, Campogalliano, Soliera e Novi. Nei servizi di ristorazione sono registrate 200 imprese individuali cinesi, pari al 13% del totale.

«I dati ci dicono che i cinesi preferiscono essere imprenditori e non è raro che abbiano dipendenti italiani, specie in certi settori, come i centri estetici, dove servono specifiche qualifiche professionali – spiega Ballotta – Quanto ai lavoratori cinesi, scontano l’assenza dei sindacati nel loro Paese d’origine (tranne che nella regione di Guangdong). Noi della Cisl cerchiamo di instaurare rapporti, ma più che di tutela sindacale, i cittadini cinesi che si rivolgono ai nostri uffici hanno bisogno di servizi burocratici, come il rinnovo delle pratiche di soggiorno».

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Ufficio Stampa