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Accordo per il reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza e di tratta. Lo hanno firmato la Cisl ER e la comunità Papa Giovanni XXIII

donne

Il sindacato mette a disposizione della Comunità la propria rete regionale degli 11 Sportelli Lavoro CISL

(Bologna, 8 marzo 2021) “Uscire dalla violenza, ripartire dal lavoro”, è questo il titolo dell’intesa sottoscritta oggi tra l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII e la Cisl dell’Emilia-Romagna. Accordo con cui il sindacato mette a disposizione la propria rete di Sportelli Lavoro per favorire il reinserimento lavorativo delle donne vittime di tratta e di violenza. Gli Sportelli Lavoro Cisl sono 11 in Emilia-Romagna e offrono un servizio di accompagnamento al lavoro: vengono strutturati percorsi di consulenza, di ricerca di occupazione, di promozione dei tirocini e formazione mirata all’inserimento lavorativo.

“L’inserimento nell’ambito lavorativo è di certo una delle più importanti misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza. Per questo vogliamo offrire il nostro aiuto, soprattutto in un contesto, come quello attuale, assai difficile, soprattutto per l’occupazione femminile. Negli ultimi due anni, a fianco dei servizi già noti, come patronato e Caf, si è aggiunta la rete degli Sportelli Lavoro Cisl. Ora noi vogliamo mettere questa rete a disposizione dei bisogni che la comunità Papa Giovanni XXIII vorrà segnalarci” ha dichiarato Orietta Ruccolo, segretaria regionale della Cisl Emilia Romagna.

Una collaborazione che parte da lontano, già nel 2017,  quando la Cisl Emilia-Romagna ha aderito alla campagna, tuttora attiva, per la liberazione delle donne vittime di tratta e di sfruttamento “Questo è il mio corpo”, promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. “Un impegno che è continuato nel tempo – aggiunge Elisa Fiorani del coordinamento donne Cisl ER – come ad esempio con il sostegno, in partnership con la Cisl Romagna e la Cisl Nazionale, del cortometraggio “Ballerina”, opera che racconta il viaggio di una giovane prostituta dal momento in cui viene rapinata e lasciata in strada da un cliente”.

“L’inclusione lavorativa è una parte fondamentale di un grande percorso interiore riabilitante per aiutare le donne vittime di sfruttamento. Le donne di origine straniera e le vittime di tratta spesso non hanno chiara la struttura economica del nostro Paese, non si sono mai sperimentate in un lavoro e soprattutto non ci hanno provato in Italia. Spesso ci sono enormi barriere linguistiche e culturali da dovere superare, per questo emerge il bisogno di attivare percorsi formativi e tirocini ad hoc per ognuna di loro, in modo da accompagnarle a riscoprire le proprie abilità e capacità per rimettersi in gioco in contesti sani”, dice Caterina Ghiozzi, referente generale Antitratta dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII.

Nel 2020, in Emilia-Romagna, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha assistito e sostenuto 155 donne di 24 nazionalità diverse. In particolare, donne vulnerabili quali migranti vittime di matrimoni forzati, tratta, torture, sfruttamento della prostituzione, ma anche donne disabili o con patologie psichiatriche o problemi di dipendenze. Il 60% delle assistite ha meno di 30 anni e il 46% ha la cittadinanza italiana. Presente  su tutto il territorio regionale con case famiglia, famiglie affidatarie, case di accoglienza per adulti, comunità terapeutiche, unità di strada e 7 helpline per le richieste di aiuto, l’associazione gestisce anche l’ambulatorio medico ‘La Filigrana’ di Rimini in cui offre l’opportunità di un supporto psicologico e visite ginecologiche.

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