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Ecco come sarà l’Emilia-Romagna del 2050. La ricerca Cisl/Neodemos

(Bologna, 20 maggio 201) In Emilia-Romagna, nel 2035, la popolazione di età 0-14 scenderà dall’attuale 13% all’11%, per rimanere su questo livello anche nel 2050, mentre gli over 65, che oggi sono meno di un quarto della popolazione complessiva, diventeranno oltre un terzo nel 2050.
Sempre nel 2050, una persona di 65 anni su quattro vivrà sola e così anche quasi i due terzi degli anziani che avranno superato gli 85 anni. Inoltre, più di un milione di persone con più di 65 anni soffrirà di almeno una malattia cronica, di cui un quarto avrà più di 85 anni.

E’ questa l’istantanea che si ricava da ‘La situazione demografica dell’Emilia-Romagna e le proiezioni al 2050’, la ricerca realizzata dall’associazione Neodemos e presentata questa mattina nel corso dei consigli generali congiunti di Cisl e Fnp Emilia Romagna. (in allegato il testo completo della ricerca).

“La salute non è solo il risultato di fattori biologici, ma s’interseca con fattori psicologici e sociali, per questo come sindacato Pensionati lavoriamo sulla tutela della non autosufficienza, sulla prevenzione e mantenimento dell’autosufficienza e della qualità della vita dei nostri anziani, oggi e nel futuro prossimo”.

Così Roberto Pezzani, responsabile dei Pensionati Cisl (Fnp) dell’Emilia-Romagna alla presentazione della ricerca.

L’emergenza pandemica, accelerando l’evolversi di dinamiche legate alla fragilità dell’invecchiamento, per Pezzani “impone scelte obbligate a tutela della popolazione più fragile”.

Cominciando con la messa a punto delle cure territoriali, rafforzando tutti i servizi per migliorare la risposta ai bisogni delle persone. Pertanto, servizio sociale territoriale potenziato per facilitare l’accesso ai servizi e una presa in carico sempre più personalizzata, rete completa delle Case della Salute con valorizzazione dei medici di medicina generale, medicina d’iniziativa e rete dei servizi sanitari di cure intermedie rafforzati.

“La domiciliarità -osserva il sindacalista Fnp- sia perno dell’intera filiera dei servizi socio-sanitari, supportati da interventi complementari per mantenere l’autonomia dell’anziano: caregiver, assistenti famigliari regolarizzate e formate, trasporti pubblici locali efficienti, contesti sociali ed ambientali sicuri e vivibili per le persone anziane, assenza di barriere architettoniche e domotica nelle case degli anziani”. Senza dimenticare “la qualificazione certificata dei servizi residenziali per gli anziani più fragili”.

Dunque, “il sindacato sia ‘creativo’- insiste il responsabile emiliano-romagnolo della Fnp- nel senso di contrattare capillarmente sul territorio politiche sociali, sanitarie e sociosanitarie in risposta ai bisogni della popolazione anziana, in futuro sempre più numerosa”.

Se gli anziani saranno sempre più e tali per lungo tempo, Pezzani non ha dubbi: “La Fnp s’impegna a promuovere politiche di invecchiamento attivo, un insieme di ‘tutele’ che accompagnino l’anziano a vivere al meglio questa fase della vita”.
L’invecchiamento attivo significa anche formazione permanente, in quanto la crescita del bagaglio formativo e culturale incentiva l’adozione di stili di vita più salutari, maggiore partecipazione alla vita sociale e l’allargamento delle reti di relazioni.

L’analisi di Neodomos ci prospetta dei cambiamenti che inevitabilmente interesseranno anche il mercato del lavoro.

“Da un lato, la crescente scolarizzazione, con il conseguente innalzamento dell’età media in cui si terminano gli studi, e il ritardo nei processi di transizione allo stato adulto, compreso quindi l’ingresso nel mercato del lavoro, andranno a provocare un’ulteriore erosione delle forze di lavoro giovane. Dall’altro, dovremo imparare a valorizzare i consistenti flussi di immigrati giunti dagli altri paesi. Proprio quei flussi, composti principalmente da giovani lavoratori, che negli ultimi decenni hanno consentito di mitigare gli effetti negativi delle dinamiche in atto rimpiazzando, almeno in parte, le quote di forze lavoro erose dall’invecchiamento”, osserva il segretario generale della Cisl ER Filippo Pieri.

“Così come flussi demografici dei migranti, insieme alle nascite da donne straniere, sono riusciti ad attutire il grave problema del continuo calo della natalità. Infatti – prosegue il sindacalista – la propensione ad avere figli rimane molto bassa con dati recenti che mostrano tassi di fecondità poco superiori a 1,3, di poco superiori alla media nazionale (1,27)”.

Nel contempo, con il progressivo ingresso nelle classi di età più anziane delle coorti di lavoratori più istruiti, assisteremo all’aumento generalizzato dell’istruzione media anche tra i lavoratori meno giovani. Di conseguenza – prosegue Pieri – considerata la forte e positiva relazione tra istruzione e produttività, possiamo attenderci rilevanti incrementi nella efficienza lavorativa anche nelle fasce di età meno giovani”.
E, se consideriamo che le persone più istruite tendono a ritardare l’uscita dal mercato del lavoro, ne consegue che possiamo attenderci nei prossimi due o tre decenni un incremento della partecipazione lavorativa delle fasce d’età comprese tra i 55 e i 64 anni e, probabilmente, anche in quelle oltre i 65.

“Trasformazioni – conclude il segretario generale regionale Cisl – che interesseranno l’intera vita lavorativa e che andranno gestite e programmate per tempo, avendo sempre presente che la coesione sociale dovrà essere il faro verso cui dovrà tendere la progettazione delle nostre politiche”.

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